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mercoledì 14 marzo 2012

Ө-Ө G Щ™: Polonium 210 in cigarettes: companies knew and kept silent for thirty years.

Polonio 210 nelle sigarette: le aziende sapevano e tacevano da trent'anni.

Cosè che condiziona la scelta del fumatore su una marca di sigarette piuttosto che l'altra? La risposta, secretata per oltre trent'anni, è stata scoperta da uno studio americano.
Paghiamo da 4,20 a 6,50 euro al pacchetto di sigarette, per aspirare un veleno chimico camuffato da prodotto. Il tutto con la benedizione delle aziende produttrici che si arricchiscono sapendo di provocare patologie mortali in noi fumatori.
L’ultima notizia negativa sulle conseguenze per chi fuma è di pochi giorni fa, secondo quanto emerso da uno studio condotto dall’università di Los Angeles intitolato: “Nicotine and Tobacco Research”, le sigarette contengono polonio 210, una sostanza radioattiva che si va ad aggiungere alle altre 4.000 che,  ogni giorno chi fuma (attivamente o passivamente non importa) aspira dalle sigarette. Di queste 4.000 sostanze, una cinquantina almeno sono cancerogene. Tetutto normale quindi, anche il fatto -poco noto- che le aziende hanno sempre saputo della presenza di tali sostanze, comprese quelle radioattive, ma non hanno fatto nulla né per eliminare tali sostanze, né per informare i propri consumatori, anzi. 
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Hrayr Karagueuzian portavoce del gruppo, ha dichiarato che la notizia del polonio come sostanza radioattiva nelle sigarette, era già nota al pubblico. Le industrie lo sapevano fin dagli anni ’50, quando in aperta violazione ai diritti del consumatore, si preoccupavano di raccogliere informazioni sulla nocività di tabacco & derivati, secretandone i dati con il chiaro intento di occultarli all’opinione pubblica.
Tale raccolta di informazioni, aveva portato le aziende produttrici di sigarette, a stabilire quali rischi correvano i propri clienti.

Stando alle percentuali, su 1.000 fumatori sarebbero stati almeno 120 i morti per tumore ai polmoni per la presenza del polonio. Il 12% dei decessi quindi, è direttamente attribuibile alla presenza di questa sostanza radioattiva, già nota alle aziende da oltre sessant’anni ma che soltanto nel 1998, dopo una serie di azioni legali contro le aziende ed il martellamento delle associazioni, è stata resa pubblica.
Le aziende del tabacco, da sempre impegnate a salvaguardare i propri interessi a scapito della salute dei propri clienti, si sono trovate costrette ad ammettere che sapevano da tempo gli effetti nocivi delle sostanze cancerogene contenute nelle sigarette. Lo studio, portato avanti da Karagueuzian & colleghi, ha restituito la reale dimensione del rischio che tutti i fumatori, attivi e passivi, corrono.
Il Polonio 210 è un elemento radioattivo presente sulle foglie di tabacco. L’elemento era già noto alla scienza a partire dai primi studi sulle radiazioni condotti nei primi anni del 1902, quando Marie Curie, premio Nobel per la fisica e per la chimica, insieme al marito e collega Pierre Curie, isolarono il polonio descrivendone le caratteristiche atomiche. Derivato dell’Uranio, il Polonio 210 è un elemento radioattivo volatile e molto attivo, che emette particelle Alfa. Tale ultima caratteristica, ha reso possibile l’utilizzo di questo elemento in campo medico, e più in particolare, nel campo della radioterapia locale. Le particelle Alfa, possiedono una bassa capacità di penetrazione nei tessuti ed esauriscono i propri effetti ad brevissima distanza dal punto in cui si depositano. Nel caso delle sigarette, l’immissione del Polonio, veicolato attraverso il fumo all’interno dell’organismo, provoca la distruzione lenta ma sistematica del tessuto polmonare, per comprendere la portata di tale devastazione, basti pensare che il tempo di decadimento di una particella Alfa, cioè il tempo necessario per far si che l’attività di questa soltanto si dimezzi, è di circa quattro mesi.

Lo studio portato avanti dall’Università di Los Angeles, non si è limitato solo a fare emergere le problematiche legate al polonio 210. Le industrie del tabacco, ben consapevoli degli effetti nocivi delle sigarette, fin dal 1980 avevano messo a punto una tecnica di trattamento del tabacco, capace di rimuovere il Polonio 210 dalle sigarette. Tale trattamento, non è mai stato applicato nella produzione industriale, poiché pur avendo l’effetto benefico di eliminare l’elemento radioattivo tanto cancerogeno, possiede una controindicazione invalicabile per l’industria del fumo: attenuerebbe fortemente il senso di dipendenza, per il minore assorbimento della nicotina “trattata” a livello cerebrale, con sensibile diminuzione di quel particolare momento di gratificazione per il fumatore detto nicotine kick.
Tanto è bastato affinché l’industria del tabacco, allarmata dalla possibilità di perdere clienti, sia corsa ai ripari imbastendo una compagnia di ricerca scientifica tesa ad aumentare la dipendenza dalla nicotina, garantendo un suo maggiore assorbimento in tempi più brevi, con conseguente aumento della dipendenza. Tutta questa ricerca, si è concretizzata verso la fine degli anni ’80, con nuovi prodotti per fumatori, concepiti sotto questa nuova luce. Il nuovo sistema di lavorazione ha infatti arricchito il tabacco di ulteriori composti chimici, finalizzati a gratificare ancor di più il fumatore, quindi, aumentandone la dipendenza verso il rispettivo composto chimico (perché di composto si deve parlare, dal momento che il tabacco, trattato chimicamente, ha perso gran parte delle proprie caratteristiche originarie).
In tal modo, i grandi marchi hanno aumentato sensibilmente i propri introiti, attraverso l’aumento del condizionamento chimico del fumatore, all’insaputa del quale vengono proposti nuovi “prodotti” sempre più ricchi di composti chimici allo scopo di aumentarne la dipendenza. Il fumatore d’altro canto continua, anzi aumenta, gli acquisti di sigarette, introducendo in tal modo nel proprio organismo, nuovi composti chimici, che lo fanno scivolare lentanmente ma in modo inesorabile in un circolo vizioso dal quale, grazie all’industria del fumo, è sempre più difficile uscire.
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