Nuclear Iran, Israel ready to attack military

Per essere un avvertimento è un avvertimento. Un avvertimento durissimo, anche se lascia aperta qualche possibilità. Ieri sera il presidente israeliano Shimon Peres, in un’intervista alla televisione privata Canale 2, ha pronunciato parole molto serie nei riguardi dell’Iran che, come noto, si sta dotando di impianti nucleari, ufficialmente per usi civili, ma, e questo lo pensano in tanti, soprattutto per arrivare in tempi ormai prossimi all’arma atomica. «L’opzione militare nei confronti dell’Iran da parte di Israele e di altri Paesi sembra avvicinarsi – ha dichiarato Peres – i servizi di sicurezza di tutti i Paesi comprendono che il tempo stringe e, di conseguenza, avvertono i rispettivi dirigenti. A quanto pare l’Iran si avvicina alle armi nucleari. Nel tempo che resta dobbiamo esigere dai Paesi del mondo di agire e dire che devono rispettare gli impegni che si sono assunti e far fronte alle loro responsabilità: sia che si tratti sanzioni severe sia che si tratti di una operazione militare». Dopo che altre voci ufficiali e non, israeliane ma anche americane e britanniche, avevano parlato di una possibile azione militare per distruggere le centrali nucleari iraniane, colpisce la presa di posizione del presidente israeliano, che non solo non è un falco, ma che, data la sua posizione, si deve esser reso pienamente conto della portata delle sue parole.

Secondo alcuni siamo davanti a un duplice ultimo avvertimento. All’Iran perché faccia un passo indietro (ma la cosa è francamente poco credibile) e ai Paesi, tra cui la Cina, che sostengono anche materialmente il progetto nucleare di Teheran per evitare il precipitare degli eventi. Ipotesi che però cozzano contro le voci che ormai circolano da giorni: israeliani e americani, con l’appoggio navale degli inglesi, si starebbero preparando ad attaccare le centrali iraniane, in particolare quella di Busher dove l’arricchimento dell’uranio avrebbe luogo. Ci sono però delle controindicazioni, prima di tutte quella delle troppe centrali, stabilimenti e laboratori iraniani sparsi in tutto il Paese, in particolare in località montagnose difficilmente raggiungibili da un’azione aerea e, seconda, la minaccia di rappresaglie del governo di Ahmadinejad che avrebbe numerose batterie di missili (si dice 50) puntate contro lo Stato ebraico. Ora non resta che attendere le reazioni e lo sviluppo della situazione destinata in ogni caso ad aggravare la tensione nel tormentato scacchiere mediorientale. Intanto la marina israeliana ha abbordato. A 35 miglia dalla costa, le due navi, una irlandese e una canadese, che cercavano di raggiungere Gaza con i loro carichi di medicinali. Contrariamente al caso della MV Mavi Marmara stavolta non ci sono state vittime. I 27 occupanti le navi, pacifisti e anche giornalisti al seguito, sono stati arrestati e le navi condotte nel porto israeliano di Ashdod.

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