Un’alleanza psichiatrica del tutto
consueta: gli Stati Uniti e al-Quaeda
Così sembra che nessuno faccia mistero dell’”alleanza” pudicamente definita “oggettiva”, in Siria, tra gli Stati Uniti e al-Qaida. Russia Today (RT) ha pubblicato due articoli su questo fatto possibilmente nuovo (anche se in Libia, possiamo dire che la cosa si è già consumata, e si parla solo di oggi). I russi contemplano con una sorta di ironia poco sorpresa, questa nuova svolta dell’estremamente sinuosa strategia americanista.
RT innanzitutto fornisce una reportage sulle dichiarazioni di James Clapper, il DNI (direttore della National Intelligence) fatte al Congresso, il 17 febbraio 2012. «Da dicembre ci sono stati attentati a Damasco e Aleppo che “hanno tutte le caratteristiche di un attacco di al-Qaida”… [Clapper] ha aggiunto che i gruppi di opposizione siriani, che lottano contro l’attuale regime del presidente al-Assad, possono essere stati infiltrati da al-Qaida. “Tuttavia, probabilmente a loro insaputa”. Clapper ha detto che la mancanza di un gruppo unificato di opposizione potrebbe lasciare un vuoto di potere che gli estremisti potrebbero riempire, se il governo siriano cadesse, un potenziale sviluppo che ha definito “preoccupante”. [...] Ci sono sospetti che gli Stati Uniti possano già aver inviato armi all’opposizione attraverso i suoi alleati arabi.” E con al-Qaida oggi presente nella regione, questo potrebbe significare la fornitura indiretta di armi al nemico tanto combattuto nella guerra al terrorismo».
In un secondo testo, del 18 febbraio 2012 , RT dà voce a Otrakji Camille, direttore della rivista on-line Syria Comment. I suoi commenti sulla nuova “alleanza”, almeno de facto se non di più, sono estremamente interessanti. Si noterà che Otrajki pone un accento particolare sullo stato d’animo dei vari esperti americanisti, le cui motivazioni sono estremamente immediate e senza cura per le conseguenze, o sono collegati ad eventi passati, per cui si trovano difficilmente dei rapporti con la situazione attuale, se non una sorta di rancore capriccioso e logicamente di natura patologica (in questo caso, per spiegare l’ostilità contro la Siria giustificando tutte le alleanze possibili) …
«Otrakji ha detto a RT che entrambe le parti usano l’altra, nella speranza di controllarla in un secondo momento. “Per esempio, penso agli islamisti e ad al-Qaida: ‘Possiamo avere un alleanza con gli americani o con tutte le forze di opposizione laiche, ma in seguito avremo il potere’, e gli statunitensi pensano di poter usare al-Qaida temporaneamente, se devono, per sbarazzarsi del regime siriano, e che in qualche modo riusciranno a sbarazzarsi di essa. Così, purtroppo, apparentemente cooperano”.
Il giornalista ha aggiunto che è importante capire come il processo decisionale si svolga a Washington DC. “Alcune persone in realtà non si preoccupano di cosa accadrà in Siria dopo. Ad esempio, ci sono fazioni che vogliono solo punire il regime siriano – ho sentito questo da qualcuno a Washington – per il suo aiuto nel 1982, quando Hezbollah attaccò le truppe statunitensi in Libano.” E altri, ha detto Otrakji, sono ottimisti, pensando che ci saranno elezioni e che la Siria è abbastanza laica che le fazioni di al-Qaida o altri islamisti, non vinceranno. “Così, sono fiduciosi per ora, tutto quello che vogliono adesso è sbarazzarsi del regime, allora, pensano, sistemeranno le cose in qualche modo”.»
Un altro giornalista, l’attivista per la pace Don Debar, intervistato da RT, completa le osservazioni di Otrakji, precisando nello stesso testo di RT che l’“alleanza” in questione è già attiva, a partire dalla cooperazione stabilita in Libia.
«“Prima di tutto, gli Stati Uniti sono già compagni di letto di al-Qaida in Libia. In secondo luogo, se si guarda alla storia di al-Qaida, in realtà è un gruppo contiguo agli alleati che gli Stati Uniti avevano in Afghanistan, quando combattevano l’Unione Sovietica, alla fine degli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80.” Debar, ha anche ricordato un recente commento di al-Qaida in sostegno ai ribelli siriani, di cui dice sono “gli stessi gruppi che gli Stati Uniti non stanno soltanto sostenendo, ma che stanno armando e addestrando.” “Quindi non si tratta se ciò accade o meno, sta realmente accadendo”, concludeva l’attivista.»
… E allora, continuando, cosa c’è da sorprendersi? Non fu la CIA che ha “inventato” bin Ladin e al-Qaida, durante l’Afghanistan fase-I, dal 1979 al 1988, e dopo, come risultato dell’iniziativa di Brzezinski in Afghanistan il 3 luglio 1979, vale a dire, sei mesi prima dell’invasione sovietica? I cinici scuotono la testa, quasi ammirando il “realismo” della politica americanista. Fatta eccezione per l’effetto del passaggio in un salotto parigino, i cinici si sbagliano e non sono realistici.
Ci sono ovviamente dei limiti nel realismo succitato, dove il realismo diventa incoerente, e da cui la psicologia si trova ad affrontare il disordine dei concetti, fino a sfociare nella patologia convulsiva. (Ma questo sta già accadendo, naturalmente.) Non c’è nulla, alcun scopo centrale, nonostante tutte le teorie complottiste e gli annessi del mondo, che supportano in qualche modo questa evoluzione sinusoidale e quindi schizofrenica della non-politica USA, non c’è nulla, se non l’emergente disturbo patologico (i cinici-realisti lo vedono come l’astuzia suprema, ovviamente), il cui il disordine non è nemmeno compreso in quanto tale, perché non è mai considerato come tale, ma viene rivestito dalle pretese virtù dell”ordine democratico e, in ogni caso, direttamente ispirato dal sistema in modalità auto-distruzione. Questo disturbo che, in preda alla disperazione per una spiegazione razionale, verrà considerato già pianificato, è già costato diverse migliaia di miliardi di dollari agli Stati Uniti; un capitale d’influenza fenomenale ereditato dalla guerra fredda, quando gli Stati Uniti erano il portavoce ufficiale del “mondo libero“; l’ordine pubblico negli Stati Uniti stessi, fino alla coesione interna del paese; l’equilibrio delle sue istituzioni finanziarie, che controllavano il mondo senza sollevare la minima protesta; la capacità delle sue forze armate e l’equilibrio già pericolante del Pentagono; l’erosione del dollaro fino all’orlo del collasso; il processo di dissoluzione della loro leadership politica, in una corruzione di cui nessuno (nemmeno gli israeliani, dopo tutto), conosce gli scopi e gli obiettivi ultimi.
In questo caso, il “realismo” diventa la manifestazione di un episodio compulsivo maniacale senza fine, che caratterizza l’attività di persone che sono completamente intrappolate nel sistema, e questa spiegazione vale molto, ma molto in generale, più del migliore ragionamento geopolitico, come spiegazione della crisi mondiale. Sono particolarmente rivelatori, a questo proposito, le spiegazioni riportate da Otrajki di una Washington che vuole, da una parte la pelle della Siria, a causa di un attentato di trenta anni fa a Beirut, e dall’altra vuole un’alleanza con al-Qaida, con cui potersi allietare per due giorni, due settimane o due mesi, della caduta del tiranno Assad, installando al suo posto una caldaia ribollente che spruzza islamismo esacerbato ed alqaidesco in tutte le direzioni – con immensa soddisfazione di Israele, si sospetta. Queste spiegazioni sparse e contraddittorie dell’attacco contro la Siria, sembrano indicare che la malattia abbia la sua sorgente nella concezione stessa e, paradossalmente posteriore, a questa “politica”, o razionalizzazione di questa “politica”, applicata dopo che questa “politica” viene decisa; vale a dire che l’atto precede la causa dell’atto, che viene poi costruita in funzione dell’atto secondo le tendenze di ciascuno, vale a dire, “nel disordine“. (A questo proposito, lo stesso disordine esiste anche a questo livello di unificazione dei motivi da trovare dopo l’azione.) Questi sono gli eventi che decidono, nel caso della politica washingtoniana, gli eventi che rispondono all’irresistibile pressione del sistema. I leader politici hanno il solo compito di spiegare perché una “politica” che sfugge al loro controllo, fa ciò che fa.
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