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giovedì 14 marzo 2013

Jorge Mario Bergoglio, all the skeletons in the closet of Pope Francesco I


Nella foto in alto: Gesuiti, Stato Maggiore nel 1976. Da sinistra a destra, Victor Zorzin, Rettore del Collegio Maximo, Andrew Swinnen, maestro dei novizi, Jorge Bergoglio, Superiore Provinciale, Carlos Cravena, ministro del Collegio Maximo e Hipólito Salvo, provinciale argentino
Jorge Mario Bergoglio, tutti gli scheletri nell’armadio di Papa Francesco I
Jorge Mario Bergoglio è salito al soglio di Pietro, la notizia dell’elezione del nuovo Papa ha presto fatto il giro del mondo: dal tetto della Cappella Sistina, dove l’attesa per la fumata bianca è stata di due giorni, ai Tweet moltiplicati in pochi secondi in Rete. La folla in piazza San Pietro, che all’annuncio del nome del nuovo Pontefice ha dapprima esitato a festeggiare (forse Roma si attendeva un papa italiano), ha successivamente applaudito Francesco I, che ha pregato per tutti sbagliando anche la pronunzia del Padre Nostro. Evidentemente l’emozione ha giocato un brutto scherzo al successore di Benedetto XVI. Chi è Jorge Mario Bergoglio lo hanno detto in molti, ma delle sue ombre ancora pochi sanno. Il nazional-cattolicesimo era l’ideologia dominante delle forze armate argentine che nel periodo della dittatura (1976-1983) potevano contare sulla benedizione della gerarchia della chiesa.

Eppure questo gesuita nato a Buenos Aires nel 1936 è stato da molti accusato di avere avuto un ruolo importante e decisivo con la dittatura argentina che sterminò novemila persone. La sua collusione con Emilio Eduardo Massera, capo di Stato Maggiore della marina militare e tra i maggiori responsabili del colpo di Stato del 1976 (presente anche negli elenchi della Pd insieme a Silvio Berlusconi), è provata dalle inchieste scritte nel libro “L’isola del Silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina“, del giornalista argentino Horacio Verbitsky, che da anni lavora sulla ricostruzione del periodo più tragico del Paese sudamericano, attraverso ricerche serie e attente.
Verbitsky spiega che nei primi anni Settanta Bergoglio divenne il più giovane Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina. Nel febbraio del ’76, ovvero un mese prima del colpo di stato, Bergoglio chiese a due dei gesuiti impegnati nelle comunità di lasciare le baraccopoli e di fermare il avoro che stavano svolgendo. Ma i due non obbedirono, erano Orlando Yorio e Francisco Jalics. Bergoglio realizzò due provvedimenti immediati. Li cacciò dalla Compagnia di Gesù senza nemmeno informarli, li bocciò come sovversivi, poi obbligò l’allora arcivescovo di Buenos Aires a togliergli l’autorizzazione a dire la messa.
La dittatura chiamava “sovversivo”, nell’Argentina di quegli anni, praticamente chiunque: dalle donne con le minigonne a chi deteneva un’arma, dai simpatizzanti del peronismo a chi cantava canzoni di protesta, passando per coloro che era impegnati nel sociale, e quindi anche i preti che educavano la gente umile a prendere coscienza di diritti e libertà.
Secondo quanto sostenuto dai due sacerdoti, quella revoca data da Bergoglio fu il segnale per i militari, il via libera ad agire. Pochi giorni dopo il golpe, Orlando Yorio e Francisco Jalics furono rapiti. Dopo sei mesi di sevizie nella famigerata Scuola di meccanica della marina (Esma), i due religiosi furono rilasciati, grazie alle pressioni del Vaticano. Da ricordare che Bergoglio è stato coinvolto nel processo all’Esma per crimini contro l’umanità, commessi durante la dittatura militare di Jorge Videla in Argentina.
Dagli archivi del ministero degli Esteri sono successivamente emersi documenti che confermano la versione dei due sacerdoti. Verbitsky fa riferimento a un episodio specifico: nel 1979 padre Francisco Jalics si era rifugiato in Germania, da dove chiese il rinnovo del passaporto per evitare di rimetter piede nell’Argentina delle torture. Bergoglio si offrì di fare da intermediario, fingendo di avere a cuire la causa del padre: invece si adoperò per respingere l’istanza
Nella nota apposta sulla documentazione dal direttore dell’Ufficio del culto cattolico, allora organismo del ministero degli Esteri, c’è scritto: “Questo prete è un sovversivo. Ha avuto problemi con i suoi superiori ed è stato detenuto nell’Esma“. Poi termina dicendo che la fonte di queste informazioni su Jalics è proprio il Superiore provinciale dei gesuiti padre Bergoglio, che raccomanda che non si dia corso all’istanza.
Il ruolo di Bergoglio si evince anche dalla cartella classificata Direzione del culto, raccoglitore 9, schedario B2B, Arcivescovado di Buenos Aires, documento 9: “Nonostante la buona volontà di padre Bergoglio, la Compagnia Argentina non ha fatto pulizia al suo interno. I gesuiti furbi per qualche tempo sono rimasti in disparte, ma adesso con gran sostegno dall’esterno di certi vescovi terzomondisti hanno cominciato una nuova fase“.
Verbistky spiega anche come Bergoglio, durante la dittatura militare di Jorge Rafael Videla, abbia svolto attività politica nella Guardia di ferro, un’organizzazione della destra peronista legata al nazionalsocialismo. Secondo il giornalista, l’attuale Papa della Chiesa di Roma ed ex arcivescovo di Buenos Aires, quando ricoprì il ruolo di Provinciale della Compagnia di Gesù, decise che l’Università gestita dai gesuiti fosse collegata a un’associazione privata controllata dalla Guardia di ferro. Unione che terminò proprio quando Bergoglio fu trasferito di ruolo. “Io non conosco casi moderni di vescovi che abbiano avuto una partecipazione politica così esplicita come è stata quella di Bergoglio“, incalza Verbitsky. “Lui agisce con il tipico stile di un politico. È in relazione costante con il mondo politico, ha persino incontri costanti con ministri del governo.

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